Pagina:Racconti storici di Giambattista Bazzoni, Milano, Omobono Manini, 1832.djvu/82

di Facino Cane, il più celebre e possente condottiero di ventura che fosse allora in Italia.

Il loro numero era di diciotto o venti; marciavano a piedi, disgiunti e senz’ordine. Portavano gli elmi, le corazze, i cosciali, ma scorgevasi che non curavano gran fatto il pulimento e la lucentezza di quegli arnesi, poichè oltre d’essere pieni d’intacchi e d’ammaccature apparivano tutti neri e irruginiti. Tenevano le spade a bandoliera e recavano neglettamente abbandonate sulle spalle all’indietro chi le alabarde e chi le partigiane.

Macaruffo fra quegli uomini d’armi poteva chiamarsi primus inter pares, vale a dire, che sebbene non avesse un grado speciale, poichè quella milizia non ammetteva distinzioni subalterne, pure a causa della predilezione del Conte Facino e della confidenza che gli era accordata, godeva verso gli altri di una supremazìa che sapeva esercitare a tempo debito, e, vuolsi dirlo, con profitto di tutti. Le sue forme però erano poco vantaggiose; una rilevata prominenza che aveva sul dosso lo faceva apparire tozzo della