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sole, abbandonato il rimanente della terra, splendevano ancora sulle nevi dell’alpe e lo pingevano di quel colore soave che gli fe’ prendere il nome dal più vago de’ fiori.

Condusse Ubaldo i guerrieri e li collocò a conveniente distanza intorno al castello la cui ferrata porta era serrata saldamente; benchè non si scorgesse per le mura o sulle torri traccia di sentinella o d’abitante.

Furono alzate le tende; s’accesero ampie cataste, e molti militi raccolti nel bosco de’ larici trascelsero gli alberi che venir dovevano il mattino atterrati onde formare le macchine murali. Inoltratasi la notte, poste che furono le scolte di spazio in ispazio, posarono i guerrieri presso i fuochi che s’andavano spegnendo, e giacquero nel sonno.

Quando venne l’ora che salita la luna sopra le più alte vette mandò obbliquo dai nereggianti monti l’argenteo raggio al fondo della valle, e biancheggiarono le merlate muraglie, splendettero i plombei culmini delle torri, l’audace Ubaldo, cui agitava il desìo di penetrare