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un mandolone, ch’era del taverniere, e stava appeso alle pareti presso la di lui cappa.

Milo rispose: "Non ne ho voglia, non posso: ho già cantato abbastanza questa sera in Porta Romana".

"Eh! A chi cantasti? (disse l’uno) forse alla Leonora, la fiorentina, che vende le polveri e l’acqua nanfa alla crocetta di San Calimero?".

"Corpo d’un sagro! (esclamò un altro, stringendo le carte in pugno e percotendo con una forte palmata il tavolo) alla Fiorentina ci parlo io ... Vorrei sapere chi ci pretende! Vedete quest’orletto cremisi del giustacuore? me lo ha fatto lei; lei con quelle sue manine benedette, che spargono profumi ... e se qualcuno ci volesse bazzicaare, sangue di ...."

"Che bestemmi tu? (gridò un terzo). Tienti pure la tua profumata Fiorentina; chè mi saprai dire che capo è, quando conterai le berlinghe. Si eh, non mi ricordo io quand’ella abitava dietro le carceri della torretta colla