Pagina:Racconti storici di Giambattista Bazzoni, Milano, Omobono Manini, 1832.djvu/50

lieta che conduceva in quei tempi una tale milizia.

Con grosso salario, ottimo pasto, senza tema nè di sbirraglia nè di giustizia, protetto dal nome e dal lustro della casa, che lo pagava, e che esso alla sua volta proteggeva colla propria forza, distinto dal rimanente della servitù, nè obbligato ad alcun basso e laborioso ufficio, un Bravo, se non aveva a seguire il padrone in viaggio, alla caccia, in qualche spedizione amorosa o nelle passeggiate notturne, a null’altro ordinariamente pensava, che a perfezionarsi nel maneggio delle armi proditorie e ad abbandonarsi coi compagni al giuoco, all’intemperanza e ad ogni sorta d’obbrobrioso solazzo, che per tale audace e fiera genia nulla v’era di vietato e d’illecito.

Milo era figlio del torno, come soleva dire il volgo degli esposti. Tolto infante a quell’ospizio da un vecchio servo senza prole, crescendo esso bello e vigoroso e appalesando armigere inclinazioni, venne dal suo adottante collocato in qualità di Bravo nella casa dei