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de’ sensi. Ma nol volli: una cieca non era più degna di lui, nè io doveva colla mia presenza rattristare tutti i suoi giorni. Unica a confortarmi sorse in me la speranza ch’ei mi terrebbe ognora impressa in seno, e che all’annunzio della cruda sventura della sua Ingelinda avrebbe versato lagrime sincere. Ciò tolse in parte l’asprezza de’ miei affanni; si riaprì la vena del pianto, la mente sollevata potè effondersi in fervidissima preghiera, onde mi sottoposi più umiliata ai divini decreti, ed aspirai ad una pace che n’era da prima inconcepibile. Feci riferire allo Zio la mia volontà di essere rinchiusa in questo Monastero, al quale faceva dono de’ miei beni ed ove sarei stata ricevuta, sendovi parente la Badessa, e Voi già suora da più anni, Voi di cui mi risovvenni con tanto affetto.

“Oh amata cugina! — disse Agnese con tal dolcezza che contraccambiava la manifestazione di quella riconoscente rimembranza. E aggiunse: “Aveva il Conte Guido già fatto ritorno dal paese nemico, quando voi qui venendo abbandonaste la casa paterna?