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“E che fu?

“Appena alzata, vedendo mio fratello s’allestire per la partenza, pregai istantemente lo zio mi lasciasse seco lui redire alle mie case. Fu invano. Chiedevami quasi piangendo il buon vecchio, se temeva che appo lui m’avesse alcuna cosa a mancare, mi offrì vezzi, abiti, doni d’ogni sorta e ripetè il comando che io dovessi venire considerata ed obbedita al pari di lui medesimo. Mi fu forza il cedere; mio fratello partì da solo, ed ohimè abbandonai il mio animo ad una lusinghiera aspettativa! Il Cavaliero ripassava ogni giorno dalla casa, io lo vedeva e andava in me crescendo una tenera ansiosa cura che occupava ogni mio pensiero. Un mattino che seduta, ricamando un nastro presso le imposte del balcone attendeva ch’ei passasse, poichè n’era l’ora consueta, venne la Lisia a porsi a canto a me. Quando il Cavaliero trascorse a lenti passi la sottoposta via, quella fante sogguardandomi con certo malizioso sorriso mi disse — Conoscete voi quel giovine e bel signore che passa? — Io mi feci di scarlatto