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seco presto mi chiami: ogni altra speranza è perduta, sono insanabili i miei mali“.

E rimase silenziosa colla testa ripiegata sul seno. L’altra suora rispettando il suo dolore, senza profferire parola, le prese una mano e stringendola fra le sue leggiermente, le fece comprendere quanto sentiva l’angoscioso suo stato.

Sorse intanto un’auretta che penetrando tra i rami di quelle antiche piante fece nascere un improvviso ma tenue susurro, e scese a careggiare con soffio soave il volto di Ingelinda. Ella si scosse; sparve un momento dalla sua fronte l’ambasciada e atteggiata ad un mesto ma ispirato sorriso: — Oh qual dolce venticello! (esclamò). Viene forse esso dal lago a ritrovarmi ancora? Com’è caro, come aleggia e rinfresca il mio sangue! parmi d’essere sulla mia spiaggia di Lesa a respirare l’aria della sera che scendeva dai colli imbalsamata dai fiori del persico. In quest’ora il lago era d’argento e le sue acque venivano a morire sulla sabbia a’ miei piedi, mormorando come fanno queste foglie.