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di ferro del sogno, posta attraverso di un buco. Bellia gridò:

— Lo vedi? lo vedi?.. — Con uno sforzo supremo sradicò la croce dal suolo e introdusse il braccio tremante nel buco, e ne trasse un gran vaso di ferro arruginito. Non è possibile descrivere la commozione dei due pastori, e specialmente quella di Bellia. Senza dubbio il vaso era pieno di oro e di perle, Dio santissimo... Dio santissimo!...

Con la leppa, specie di grossissimo pugnale a una lama, che i pastori nel Logudoro tengono quasi sempre infilata nella cintura, Bellia fece saltare il coperchio del vaso, e allora ricordò le ultime parole della dama: Arriva oggi stesso altrimenti il demonio s’impossesserà della tua fortuna. Il vaso era pieno di carbone e di cenere, sino in fondo!... Inutile ripetere i commenti la meraviglia, il terrore dei due giovani pastori.

Restarono convinti che là esisteva un tesoro e che il demonio secondo la tradizione e la leggenda sarda, se lo era appropriato giacchè al giorno preciso indicato da chi l’aveva nascosto, (la dama bianca, di certo) Bellia non lo aveva levato di là. Ricordarono allora lo strano malore di Bella mia. Sì certamente era stato lo spirito dell’inferno a far ammalare la vacca prediletta di Billia per impedirgli di recarsi a San Matteo.

I due giovinotti dalla fantasia calda e immaginosa come tutti i forti sardi della montagna,