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alla realtà delle cose, derise il proponimento di Bellia di recarsi, appena fatto giorno, al piano di San Matteo per cercare la pietra indicata dalla bianca dama del sogno. Ma l’altro, che non prestava anch’esso molta fede ai sogni, ma che ad ogni modo voleva assicurarsi, restò nella sua decisione per tutto il resto della notte e sarebbe senza alcun dubbio partito, se all’albeggiare, entrato nell’ovile, non avesse trovato una delle sue migliori vacche, ammalata: era una bella vacca grigia, alta e intelligente, a cui Bellia voleva bene più che al resto delle sue vacche, e che chiamava col dolce nome di Bella mia.
L’improvviso malore di Bella mia gli fece scordare lo strano sogno e il progetto di recarsi al sito indicatogli dalla dama. Andò invece al villaggio e condusse con sè un vecchio pastore che conosceva e curava ogni più grave malattia del bestiame. Ma neppure zio Lallanu potè conoscere che razza di male fosse quello di Bella mia. Era un mistero: si sarebbe detto che la vacca era avvelenata o che avesse qualche spirito maligno in corpo. Neppure il veterinario, neppure il medico condotto seppero dirne nulla.
Tuttavia dopo qualche giorno Bella mia guarì improvvisamente, misteriosamente, come si era ammalata, e riprese a vagare tranquilla con le compagne, attraverso i campi freschi, tra i fieni odorosi di margheritine, con grande contentezza