Pagina:Racconti sardi.djvu/75


— 71 —

guardo, in una fredda riservatezza che finì col farmela addirittura odiare. Non mi parlava quasi mai; mi passava davanti senza guardarmi, e andando su e giù per la casa, imponendosi su tutto e su tutti con una dolcezza silenziosa e nuovissima in lei, pareva non accorgersi neppure di me. Fremevo di rabbia: avrei dato dieci anni di vita perchè Gella mi avesse procurato il menomo motivo di accusarla a mio padre, e cercavo tutti i mezzi per accendere almeno una delle nostre antiche liti, ma sempre invano. Lei non badava a me, e tutt’al più rispondeva con un sorriso di disprezzo alle mie insolenti provocazioni, alle mie acri allusioni sulla sua condizione d’intrusa nella mia casa... Si è che io ero ancora un bimbo coi miei sedici anni e lei una fanciulla precoce che forse sognava già Dio sa che cosa coi suoi quattordici. L’avremmo forse finita male, se, sopravvenuto il Novembre, io non fossi partito per i miei studi.

Nove mesi di lontananza temprarono la mia antipatia, tantochè ritornai con tutte le possibili buone intenzioni di pacificazione; ma Gella non aveva punto cambiato di opinione, e, non solo mi accolse freddamente, ma abituata col tempo alla nuova casa, mi sembrò mi considerasse come ospite più che padrone!... E così uno, due, molti anni. Stancatomi di accarezzarla e di perseguitarla finii anch’io con l’imitarla. Nessuna confidenza, nessun affetto, nessuna di quelle fini at-