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Quando si rialzò Antonio vide i ceri accesi e il fucile posto sulla tovaglia. — Cominciamo! disse Peppe. —
E infatti cominciò a fare mille pantomime che Antonio seguiva con occhio torvo e con un sorriso di sdegno sulle labbra. Più che mai si sentiva in vena di deridere il mago; ma qual non fu il suo spavento quando Peppe rivoltosi alla pietra coperta dalla tovaglia, la interrogò in un linguaggio strano che probabilmente doveva passare per latino, e la pietra rispose, con voce flebile, lugubre, uscente di sotterra, nel medesimo linguaggio?... In pari tempo i ceri si spensero da sè senza che tirasse vento o che Peppe si chinasse su di essi. Si rivolse invece verso il pastore che tremava verga a verga e gli disse: La pietra mi risponde che... il fucile risponderà se la magia è sì o no sciolta!...
— Come? — chiese Antonio richiamato in sè dalla voce del mago.
— Era scarico il tuo fucile?..
— Sì perdio! esclamò il pastore.
— Ebbene, piglialo e spara in aria: se fa fuoco è segno che l’incantesimo è sciolto!
Antonio, oramai preparato ad assistere a tutte le meraviglie del mondo ma non a quest’ultima, si accostò alla pietra parlante, prese il fucile e sparò... Peppe cadde al suolo, senza emettere un solo gemito, col cuore trapassato da una palla.