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— Come parli! — gridò Pietro, l’altro fratello. — Non hai dunque ancora compreso che non uscirai di qui nè vivo nè morto?... E accarezzò lungamente la canna del fucile, che teneva sulle ginocchia, dicendo con crudele lentezza: — Ti massacrerò io, io che ero il tuo amico, io che ti ho introdotto nella nostra casa dove lasciasti la sventura e il disonore. Ti ucciderò io e ti porrò io sotto terra, tristo serpente miserabile! Ah, con chi ti credevi tu? con chi ti credevi? La nostra famiglia ha vendicato sempre le offese ricevute, e noi, stanotte, noi che ti abbiamo cercato per dieci anni in tutti i villaggi di Barbagia, pei monti nevosi e per le gole dirupate, noi laveremo col tuo sangue la macchia impressa al nostro nome.

— Simona, Simona!... — mormorò il prigioniero volgendole, spaventato, uno sguardo supplichevole. — Nostra figlia...

— Taci, non nominarla! È il fiore nato dalla colpa, ma è pura come le nevi del Gennargentu! Tu la profani nominandola perchè sei vile, perchè sei infame! Tu le sei nulla... Suo padre è Dio!..

— Tu non le vuoi bene, Simona! Se l’ami lasciami vivere!...

Un lampo brillò negli occhi foschi della donna.

— Io adoro mia figlia e vivo solo per lei. Se essa sparisse dalla mia esistenza tutto crollerebbe intorno a me e sarei la più sfortunata fra le donne. Se l’amo! La mia figlia! La povera figlio-