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— Dove diavolo dunque stavano le sue vesti? Se le aveva prese il demonio? Alla galera la notte e chi l’aveva inventata!....

Ma le scordò un momento e ricominciò a tremare così forte che i dentini pareva volessero spezzarsele.

In un intervallo silenzioso del vento e della pioggia aveva sentito strani rumori salire dalla cucina e voci umane più tetre e spaventose dei gridi della procella.

Che avveniva in cucina? Dio mio, Dio mio, e la mamma sua? C’erano forse i ladri o i diavoli? E il nonno e i zii mancavano da tre giorni e non c’era nessuno che potesse difendere la mamma, la povera mamma sua!... La curiosità si unì alla paura, e Gabina si rimise a cercare le sue gonnelline, urtando nelle sedie, su tutti i poveri mobili della camera oscura. Riuscì finalmente a trovarle e le indossò a stento, ma quando tutto pareva fatto un altro ostacolo si interpose al disegno della piccina.

La porta che dava sulla scala era chiusa a chiave dal di fuori, per quanti sforzi facesse non potè aprirla, e il silenzio orrendo della mamma continuò quando si rimise a chiamarla, scuotendo la porta con fracasso.

Ritornò verso il letto, disperata, e nascosto il volto fra le coltri in disordine si mise a piangere, ma a un tratto si ricordò che nella stanza attigua v’era un poggiolo di pietre, d’onde, per