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nella pace beata della povertà felice, nella luminosità del tramonto di rosa. In alto, sulle pareti tinte di calce, una innumerevole fila di quadretti a vivi colori scintillano soavemente nel polviscolo d’oro, e i vecchi vetri della finestra ardono come lastre di orpello al riflesso del sole che tramonta.

IV.


E cade la notte! Nella chiesa miracolosa, nel famoso santuario ove la folla immensa è passata senza lasciare traccia alcuna, la penombra si addensa, livida, fredda e piena di mistero.

In fondo, dai finestroni bizantini, piove un acuto albore azzurro sul pavimento di mattoni a mosaico il cui smalto ha vaghi riflessi d’acqua stagnante: in alto, sull’altare bianco, una lampada di cristallo vermiglio spande tremoli chiarori rossastri che scendono e salgono sui fiori pallidi, sui candelabri dorati, sulle colonnine doriche di diaspro della nicchia coperta da un panneggiamento cereo a marezzi azzurri, di damasco.

Superbe treccie nere, tutte nere, narratrici di romanzi e di drammi immani o pietosi, — gioielli d’oro e d’argento, stupende membra di cera, mani di vergini cristiane di una suprema e morbida soavità, e colli bianchissimi ed eleganti da veneri greche, pendono sulle pareti gialle e polverose. — Qui ancora troviamo una fanciulla, ma non è più la popolana sopita nel meriggio