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tu sei... — conchiuse Jorgi ingoiando un terribile insulto — tu sei l’amante dell’ingegnere.

Tutti i colori dell’acobaleno passavano sul viso dolente di Nania. Il cuore, il suo piccolo cuore appassionato, pareva volesse squarciare il broccato consunto del vecchio corsettino, e grosse lagrime le brillavano negli occhi. Non cercò di negare, e neppure di parlare. Con una immensa paura infantile, temendo che Jorgi le facesse del male, pensò di scappare e si mosse con un atto così repentino che il giovine stentò a raggiungerla, nello stradale.

— Nania — esclamò, sorridendo suo malgrado e afferrandola al braccio — non ti credevo sì cattiva... Perchè fuggi? Temi che ti uccida, forse?... — Anche essa non potè fare a meno di sorridere, il fazzoletto le era caduto di testa e il sole le inondava tutta la bionda testolina.

Jorgi mandò una esclamazione di gioja e di stupore scorgendo il suo volto sorridente e i suoi occhi azzurri — di un azzurro verdognolo — perfettamente simili a quelli dell’ingegnere.

— Nania, Nania, perdonami — le disse, sorridendo e singhiozzando. — Vieni, vieni, e facciamo la pace. Come è vero Dio, come è vera Nostra Signora del Miracolo, io non dirò a nessuno questo fatto. Non ne farò parola neppure a te, mai, mai, mai più. Vieni là a prender l’anfora, vieni, vieni...

La prese quasi fra le sue braccia e la ricon-