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le tempie gli picchiavano a martello. Se avesse avuto un archibugio avrebbe sparato, traverso i vetri, uccidendo quel signore che veniva a rubargli la vita.

Ad un tratto impallidì e diede un secondo sbalzo, più serpentino e fremente del primo.

Ah, ciò che egli vedeva!... Credè di impazzire e mai dimenticò la sensazione provata in quell’istante.

L’ingegnere, dopo molti sorrisi e molte parole aveva preso la testolina di Nania tra le sue mani, tra le sue lunge mani di un candore e di una delicatezza femminile, e l’aveva coperta di baci. Poi aveva abbracciato, tenendosela lungamente a seno, la fanciulla, che sorrideva e piangeva tutt’insieme. Jorgi gemè sullo stradale. L’ingegnere dovette sentir qualcosa perchè lasciò bruscamente Nania e si avvicinò ai vetri. Jorgi ebbe il sangue freddo di ritirarsi presso il muro e non fu visto. Egli però vide il quadrato di luce sparire dallo stradale e si accorse che gli sportelli della finestra erano stati rinchiusi.

Allora fu preso da una rabbia immane e da una grande vigliaccheria, e fu per picchiare alla porta della cantoniera per dire a zio Gavinu:

— Guardate ciò che accade, guardate!....... Ma non lo fece. Prese invece la decisione di massacrare l’ingegnere, e quasi calmato da quest’idea si allontanò, mentre strani singhiozzi aridi, strazianti, gli contorcevano la gola...