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Dopo molti giri Manzèla vide Predu in lontananza. Nella luminosità del sole pareva una macchietta nera e lontana, — ma ben presto la fanciulla lo raggiunse e gli si avvicinò. Tremava come una foglia: il caldo, la corsa e l’emozione le imporporavano il viso e le labbra. Così con gli occhioni spaventati, i capelli scomposti sotto il fazzoletto che slegato le scivolava dalla testa, Manzèla diventava bella come pochi mesi prima, più bella ancora, — tanto che Predu la guardò sussultando.
— Ebbene, — le chiese, — perchè corri così come una pazza. Cosa c’è?
— È vero che babbo se ne va e tu resti qui? — domandò lei ansante. E lui freddo: — Pare così!
— E dunque... te ne vai... senza dirmi chi era quel giovine che...
Egli non la lasciò proseguire. E con uno scoppio d’ira, di passione e d’odio nella voce gridò: — Ero io!
Manzèla ne fu annichilita. Ora perdeva ogni speranza, ora vedeva bene che Predu l’odiava a morte. Ah, non ne poteva più, non ne poteva più! E lasciandosi cadere su una pietra, al sole infuocato di agosto, scoppiò in pianto.
Predu a quella scena, cambiò di colore e provò una sensazione che non era certo quella che si aspettava dalla sua vendetta. Tutto il sangue gli affluì al viso; eppure, davanti allo schianto