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sui fieni biondi, tra le ferule secche e i cardi e le stoppie che scintillavano d’oro.

Lassù c’era Predu che non rideva nè cantava mai, che si era lasciata crescere la barba, che era più bello che mai con i sopraccigli aggrottati e le labbra chiuse.

Persino zio Nanneddu si accorgeva della pazzia di Manzèla, e benchè la amasse teneramente, con tutta la tenerezza del suo carattere chiuso e selvaggio, si risentiva della sua condotta. Ma che fare? Privarla di andare all’ovile? No, chè neppure lui poteva star due giorni senza vederla.

Pensa e ripensa si decise a cambiar di pascolo, e lasciare, mediante compenso, i pascoli di Tresnuraghes tutti a Predu. Fece tutto alla chetichella, e quando ogni cosa fu combinata, disse a Manzèla, una sera di agosto:

— Di’ a tua madre che domani cambio le greggie al monte.

— Anche Predu? — chies’ella ansiosamente.

— No, egli resta qui tutto l’autunno.....

Essa non disse nulla, ma nella disperazione che la colpì prese una grande decisione, e andò in cerca del giovine.

Non si vedeva in nessun posto. Nella immensa calma ardente del pomeriggio la pianura pareva dormisse. Le pecore stavano assopite nell’ombra delle macchie, e il confine del paesaggio sfumava in linee quasi gialle, confuse con l’orizzonte d’un azzurro grigiastro e vanescente.