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Ma la pace non tornava, non tornava più. Il sorriso si era spento sul suo bel viso dorato, che nel pallore della tristezza diventava quasi brutto, con tinte terree e cadaveriche, — e gli occhi le si erano fatti neri, offuscati da un velo di misteriose malinconie.

Tutti si accorgevano del suo cambiamento, — e zia Ventura giurava che Manzèla era stregata. A furia di sentirselo ripetere, la bimba ci credè anche lei, e dovettero assoggettarsi alla cura per questa speciale malattia.

Sa medichina e s’istria,1 — la faceva zia Peppa Frunza, la medichessa del vicinato. Prima misurò Manzèla per lungo e per largo, e da questa misura resultò evidente che la fanciulla era stregata da tre mesi. Zia Peppa allora accese un fuoco, gettandovi il filo con cui aveva misurato Manzèla, del rosmarino, delle piume di strige e tanti altri ingredienti miracolosi, — e fece saltarlo per tre volte alla malata, mentre lei recitava misteriose preghiere.

Questa cura speciale si rinnovò molte volte, — finchè a zia Peppa parve che Manzèla fosse guarita. Ma già! La ragazza era e restò innamorata di Predu. Andava come una pazza, e non trovava calma in alcun posto, solo lassù, lassù, a Tresnuraghes nell’ardore del sole che dilagava

  1. La medicina della strega.