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per ricordargli l’avventura della ferula. Ma lui zitto, sempre zitto. La lasciava fare, non rispondeva nulla, non le faceva alcuna osservazione, non le dava uno sguardo.

Che cosa succedeva fra quei due esseri bizzarri?

Nulla di meraviglioso, o meglio, sì, una cosa meravigliosa, un dramma intimo e interessantissimo.

Manzèla amava perdutamente Predu, e Predu non l’amava più. Manzèla gli faceva la corte, ma lui non ci badava, anzi ne provava un disgusto infinito, e un acre piacere, il piacere della vendetta. Ah, ella gli aveva frustato il volto... sì, andava benissimo, era nel suo dritto di ragazza onesta, ma ora lui le avrebbe sferzato il cuore, glielo avrebbe fatto sanguinare come ella aveva fatto sanguinare il suo viso.

Non attendeva che l’occasione propizia.

Intanto Manzèla si consumava di passione e di rimorso.

Quelle lagrime vedute scorrere sulle guancie del forte pastore, — che probabilmente non aveva pianto altra volta in vita sua, — le tornavano in mente ad ogni minuto, e la scena dolorosa le si ripeteva quasi ogni notte in sogno.

Si fece divota più che mai, e pregava sempre, pellegrinando alle chiese di Valverde e del Monte, per chiedere alla dolce Signora del Cielo la pace per la povera anima sua.