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ne, egli sarebbe corso alla capanna in cerca del suo archibugio o della sua leppa. Ma con lei cosa ci poteva fare? Passato il primo dolore si chinò, senza pronunziar verbo, sul rivoletto, e si lavò il viso, — poi trasse di tasca un pezzo di fazzoletto e si asciugò il sangue che scorreva, macchiandogli la barba, la camicia ed il giubbone.
Manzèla tremava, convulsa: le pareva di aver commesso un delitto, ed ora toccava a lei diventar bianca come i fiori della ferula. Sulle prime fu per fuggire, ma poi, visto che Predu non si lamentava, gli si avvicinò balbettando mille scuse. — Fa vedere, — gli disse stendendo le mani, — fammi vedere. Cosa ti ho fatto, cosa ti ho fatto?
E voleva esaminare la ferita, ma Predu la respinse, senza dir parola. Mentre Manzèla continuava a guardarlo, torcendosi le mani per la disperazione, giunse correndo Bustianeddu, chiedendo che cosa era successo.
— Niente, — rispose Predu, — son caduto e mi son ferito qui... E riprendendo la via mostrò la ferita al piccino.
Manzèla li seguì. Non rideva più, non ricordava più in che mondo si fosse. Ah, insieme al sangue, ella aveva veduto delle lagrime scendere dagli occhi, dai poveri occhi di Predu Chessa!