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di botto all’ombra di un’altura che nascondeva la capanna, e sotto cui si insinuava il piccolo sentiero tracciato sull’erba. — Manzè, ho da dirti una cosa.

Siccome per tutta la strada era rimasto silenzioso, la fanciulla lo guardò stupita e si fermò anch’essa all’ombra.

C’era un fresco incantato, là sotto. Dai massi sovrapposti dell’altura piovevano grandi grappoli di rovi verdeggianti e di biancospino fiorito. Le rose canine, diafane, sfumate in colore d’ambra, olezzavano acutamente, e il ruscelletto attraversava gorgogliando il sentiero per poi sparire tra le alte ferule anch’esse fiorite, di cui Manzèla teneva ancora un grosso e lungo gambo fra le mani.

Improvvisamente Predu si era fatto bianco in volto, bianco come i fiori della ferula e degli spini, e la fanciulla lo guardò quasi spaventata, credendo si sentisse male.

— Ebbene, cosa hai? — gli domandò.

— Senti, — cominciò egli, — ami tu qualcheduno?...

— No... ma cosa te ne importa?... — disse Manzèla scoppiando in un’alta risata. Senza altre parole ella comprendeva già a che Predu voleva concludere, e rideva..... rideva..... rideva perchè questa storia non la sospettava neppure, perchè non aveva mai pensato ad un probabile amore fra lei e il giovane pastore. — Egli la lasciò ridere