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XXV.


Doglioso, e lasso rimase ’l mio core,
Poi che partiste, dolce rosa aulente,
Da me, che stato vi son servidore,
E sarò sempre a tutto ’l mio vivente:
Sì che biasmare mi posso d’Amore,
Che di tal pena mi ia sofferente;
E con gran doglia ha fatto partitore
Il cor da l’alma, che v’ tuttor presente:
Ed ha lassato il corpo quasi morto,
Che va, e viene, ma non può parlare;
Ed ogn’uom guarda, nè vede chi sia:
Ma par che viva, come legno torto;
Poi che non posso in me più ritornare,
Se non redite, dolce spene mia.


XXVI.


Se di voi, Donna, mi negai servente,
Pero ’l mio cor da voi non fu diviso:
Che San Pietro negò ’l Padre potente,
E poi il fece aver il paradiso:
E Santo fece Paulo similmente,
Da poi Santo Stefano ave’ occiso:
Però non disconforto la mia mente;
Ancora d’amar voi non fui sì acciso,
Com’ io sono ora, fui, ed esser voglio;
Nè contrafare mai lo simigliante,
Infino che mia vita avrà durare;
E de l’offese forte pento, e doglio,
Inginocchion mi gitto a voi davante:
Lo mio fallire sono per mendare.

Q 2