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XI.
Mille salute v’ mando, fior novello,
Che di spinoso ramel sete nato:
Per bene amare in gioi’ mi rannovello,
E com’ a visco augel m’avì pigliato.
Fermo, e lial di voi servo m’appello,
E parmi bello di servire a grato:
Che ’n vostro onore mio cor non è fello;
A vo’ obbedire sempre apparecchiato.
Se per fallanza v’avesse fallato,
Perdonimi la vostra canoscenza;
Al piacer vostro la vendetta sia:
Ch’ad ogni pena sofferir son dato,
Nè mai per pena faraggio partenza,
Pensando, che voi sete spene mia.
XII.
Se solamente de lo mio peccato
Portare penitenza mi valesse;
Anzi me ne terrìa a bene nato:
Crederìa, Dio li miei prieghi audesse.
Ma portar pena, ed esser giudicato
De la follia, che altrui commettesse.
Credomi, che saria per sentenziato
Come omicida, qual uom m’offendesse:
Però, Madonna, non mi giudicate,
Se la gente villana, e scanoscente
Faceno quel, che chiede loro usanza:
E per scusato in cortesia m’aggiate;
Che sempre sto pensoso, e temorente:
De l’altrui fallo chiedo perdonanza.