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gne télaAl lume di candela non si compra nè donne nè tela — perchè
A lüsùr de candéla ol caneàs al par télaAl lume di candela il canovaccio par tela.
A ’mbatìs bé l’è ü terno al lotChi s’imbatte bene ha gran fortuna.
A s’ parla mal di dòne, ma s’ga cór dréSi parla male della donna, ma ognuno le corre dietro.
A tö moér de eć, piena la ca de scèćChi s’ammoglia in vecchiaia ha piena la casa di figliuoli. — Marito vecchio e moglie giovane, assai figliuoli.
Bisogna ardàs di catìf visì e di dòne che parla latìBisogna guardarsi da cattivo vicino e da donna che parla latino — È giustissima la prima parte di questo proverbio, ma non così l’altra. «Agli Italiani della Rinascenza non entrava in mente il pregiudizio, che la famigliarità colle lingue classiche, che il sapere erudito rompa il fascino della natura femminile, e che le donne in genere debbano tenersi in una sfera inferiore di coltura. È un pregiudizio codesto, come alcuni altri penetrati nelle società nostre, d’origine germanica.» (Gregorovius). È certamente bellissimo ideale l’amoroso governo della madre nella cerchia della famiglia; parmi però che a quell’ideale non possa altro che aggiugnere una savia coltura. Tra coloro che alla donna accordano solo la rocca ed il fuso, e coloro che alla donna istituiscono università, io credo esista una via di mezzo: in medio stat virtus. Certo è poi che «l’istruzione odierna delle donne, anche nella Germania, tanto lodata per le sue scuole, è suppergiù senza fondo e superficiale, anzi scientificamente nulla. Tutt’al più si riduce ad imparare (quando si imparano) un paio di lingue viventi e a suonare il pianoforte; e per questo si spende un tempo sterminato. Così la frivolezza delle conversazioni nostre è veramente sconfinata: a siffatta vuotaggine si cerca rimedio nel canto e nel suono del pianoforte.» (Gregorovius).