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DICHIARAZIONE


SOPRA IL TEMPIO ANTICO DI VESTA MADRE


OVVERO DELLA TERRA


CHE ESISTE IN TIVOLI CITTA DEL LAZIO




CAPITOLO PRIMO


1. Situazione del Tempio nel Rione di Castro Vedere. 2. Nella contrada nomata Veste, nondimeno con errore chiamato Tempio della Sibilla. 3. Sede del Tempio sulle ripe del Teverone rivolto alla pubblica strada. 4. Aspetto contro e cararatte del Teverone.

1. Nella parte deretana della città di Tivoli verso il settentrione sopra le scoscese ripe del Teverone esistono ancora ben grandi avanzi di monumenti antichi, che esposti sono alla vista di tutti, fra' quali particolarmente gareggiano quei di un tempio rotondo con elegante forma costrutto, ed ornato di colonne, che i curiosi investigatori delle Antichità con ammirazione riguardano, e considerano, ancorché nascosto resti fra le abitazioni di quella parte della città, che gli abitanti chiamano, Castro Vetere nome forse pervenutole dall'esser quella regione una delle vecchia dell'antico Tivoli, che ora è disteso sull'erto del colle, ove scorrono per lungo tratto le nove case.

2. Questa contrada conserva l'antica denominazione di Veste, qual nome ritiene dal tempio, che qui fu eretto, e dedicato alla Dea Vesta Madre, la quale altra non è che la Terra; siccome in appresso dimostreremo; non pertanto il volgo erroneamente giudice, e chiama questo tempio della Sibilla.

3. Vitruvio trattando della situazione conveniente agli edifizj prescrive come debbano esser rivolti al proprio aspetto del Cielo; ma dove poi parla particolarmente del sito de' Tempj, assegna le regole che in ciò debbono seguirsi, a fine di conformarsi ai ritti prescritti per le cose sagre, e qualora questi non possono aver luogo per essere osservati per qualche ragione, che siavi in contrario, tanto per la natura del luogo quanto per la necessità, insegna che abbinassi a situare in modo, che dal tempio scorgasi la maggior parte della città1. Se poi il tempio sarà lungo la riva del fiume, o se sarà presso le vie pubbliche, resti situato in maniera, che possano, i passaggieri riguardarli, ed inchinarvisi dalla parte dinanzi, ossia della facciata2. Per queste ragioni il presente è colcato sulle ripe del Teverone, e sull'aspetto della pubblica strada, ove s'inalza. Questa osservazioni indicano quanta fosse l'attenzione degli Antichi per situare in bella mostra i Tempj, tanto a seconda della natura del luogo, quanto a tenore di ciò, che richiedeva la religione, ed il costume. Per la qual cosa Vitruvio conchiude che quindi la Deità ingrandirà il suo nome e la fama, appunto per la comoda, e conveniente natura del luogo, ove è adorata3

4. La parte sostanziale, che forma il monte nella ripa sinistra secondo il corso del Teverone, è di sasso composto da vari sedimenti delle acque che precipitano, e scorrono fra lo stretto de' monti, ove sorge il Tempio. É credibile, che fin da' primi tempi colando le acque per di là, si facessero strada ne' piani della campagna di Roma. Presso a poco fù situato in simigliante sassosa parte dell'Aventino il Tempio della Buona Dea sopra le ripe del Tevere, per cui fù soprannomata Sassano, della quale canta Ovidio:

Interea Diva ennenda Bonarest,
Est moles nativa: loco res nomina fecit.
Appellant saxum; pars bona months ea est.4

Parimente in Tivoli celebre fù il tempio di Ercole Sassano, né portici del quale l'imperatore Augusto soleva render ragione, allorchè villeggiava in questa superba città, secondo che riferisce Svetonio nella di lui vita5. Sopra dunque di questa sassosa parte del monte, secondo i relativi riguardi detti di sopra, fu rivolto al mezzo giorno sulla pubblica via, ed in faccia alla cataratta dell'Aniene in prospetto della città, ove fà di se mostra, restandone segni evidentissimi delle sue rovine, che sostenute sona delle sostruzioni, che tuttora sussistono, ed investono, e pongono in piano l'Area del tempio tanto dalla parte della rupe, che è a' fianchi, quanto da quella, che gli sta di fronte della caduta del Teverone, che precipita impetuosamente dal suo gorgo in una profondissima voragine; ove con le sue vorticose, e biancastre acque fra l'orrore delle rupi, e della balze fra lo strepito, ed il rimbombo a vista si nasconde, ed in quella depone la sua rabbia. Tutto ciò distintamente manifestano le tavole, che qui esibiamo.


CAPITOLO SECONDO.


tavola i e ii.


In questa prima Tavola osservasi sopra le indicate stabili sostruzioni eretto il Tempio in forma rotonda, e tale conveniva alla divinità, a cui fu consacrato. Presentiamo di esso l'aspetto in prospettiva della sua Porta, e del Portico che lo circonda, per mostrare il bel partito pittoresco, che offerisce alla vista de' dilettanti le sue rovine, distinte secondo lo stato presente nella prima nostra Tavola, nella quale con lettere sono notate le adiacenze.

In questa seconda Tavola, che presenta l'Ienografia del Tempio, distintamente notasi la parte esistente con rinforzo dell'intaglio indicato dalla tinta più oscura; da essa si riconoscono l'ordinanza, e disposizione di tutte le sue parti, che si ragguagliano nelle altre Tavole, a dimostrazione delle sue elevazioni del prospetto, fianco, e spaccato, restando la spiegazione del suo compartimento notato con lettere in piè di esse. Dalla considerazione che presenta la sua forma rotonda, e dal Perittero veniamo in cognizione de' precetti di Vitruvio intorno alle maniere de' Tempj che distingue con divisioni, spiegando quali Tempj hanno figura dissimile, e quale sia la differenza che li rende tali. Egli parlando de' Tempj rotondi che non han Sacello, dice che cinti sono da un Colonnato, e lo denomina Perittero, prescrivendo in qual maniera debba costruirsi. In primo luogo vuole che s'inalzino dal piano due gradini6 che qui non ostante la diligenza da noi praticata per rinvenirli, mancano del tutto. Continua poi il piantato basamento, del quale particolarmente in appresso parleremo. Indi vuole che si situi il muro della Cella discosto da questo basamento un quinto in circa di tutto il diametro; e nel mezzo si lasci il vano per la Porta7. Secondo le quali parole troviamo, che questa misura poco si allontana dal precetto assegnato. Segue a dire della Cella; la quale vuol che abbia di diametro netto dalle mura d'intorno, quanto è l'altezza delle colonne presa dal basamento8 come qui puntualmente nelle Tavole.

Al muro poi d'intorno la Cella assegna la sua grossezza a proporzione della sua grandezza9 corrispondendo il nostro alla grossezza da basso della colonna.

Vitruvio proseguendo a descrivere i Tempj rotondi passa alla collocazione delle colonne, e ne prescrive l'ordinanza, secondo le solite proporzioni e simetrie convenienti alle specie e maniere loro. Desume dall'altezza delle colonne del Portico la proporzione della sua grossezza, avendo già assegnato dal diametro interno della Cella la sua altezza, la quale suddivide in dieci parti assegnandone una al suo diametro10. Ma quest'altezza la ravvisiamo qui esser partita in nove, ed un quarto: una delle quali forma il diametro della nostra colonna.

In questo nostro tempio abbiamo osservato la distanza dell'intercolunnj esser poco meno di due grossezze delle colonne però secondo le specie de Tempj assegnate da Vitruvio lo chiameremo Sistilo11.

Diciotto colonne formano l'Ala, o Portico che ha d'intorno, il quale non tanto per la venustà della fabbrica vi è stato unito, quanto per la necessità, e comodo. Intorno a questa specie di ale, o Peritteri de' Tempj Vitruvio oserva che furono inventate, acciochè l'aspetto loro dell'interruzione degl'intercolunnj acquistasse maestà nel tutto insieme dell'opera. Inoltre se qualora un improvisa pioggia sopragiungesse, ed obbligasse ricoverarsi un numero grande di popolo, potesse questo parte nel tempio, e parte nel portico esteriore trattenersi liberamente, ed agiatamente12. Questi comodi specialmente si hanno, dic'egli, ne' Pseudoditteri, per i quali Ermogene con grande acutezza, ed intelligenza dell'effetto dell'Opera insegnò, e di più mostrò a posteri i fonti, onde potessero attingere il metodo dell'invenzione13. Queste maniere de' Tempj sono considerate da Vitruvio secondo li spazj che sono tra colonna e colonna, i quali così dilettano gli occhi colla varietà oro, come le pause ed intervalli delle voci le orecchie; poiché quell'appunto che è consonanza alle orecchie è veramente grazie, e bellezza agli occhi: ciò può osservarsi nella distribuzione del tutto, e nelle altre due tavole seguenti.

La Cella descritta è piantata sopra di un basamento, che gli antichi chiamarono Tribunale, sul quale si vede

  1. Lib. IV, cap. 5.
  2. Lib. IV, cap. 7, in fine.
  3. Lib. I, cap. 2.
  4. Fast. Lib. V.
  5. Cap. 72.
  6. Lib. IV, cap. 7.
  7. Ivi.
  8. Ivi.
  9. Lib. IV, cap. 4.
  10. Lib. III, cap. 2.
  11. Lib. III, cap. 2
  12. Ivi.
  13. Ivi.