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non amano di sentirsi discutere; e prevedo che mi si desterà contro un vespaio.

Ma bisognerà pure che in Italia cominciamo ad avvezzarci gli uni a parlare, e gli altri a lasciar parlare: gli uni a dir ragioni, e gli altri a risponderne, senza voler soffocar la voce di nessuno con filze d’aggettivi, o spauracchi d’impopolarità. Bisognerà pure ad ogni modo, dopo avere per tanti anni sudato onde liberarci dalle censure degli Ispettori di Polizia e de’ Maestri del Sacro Palazzo, ci risolviamo altresì a far testa alle censure delle sètte, delle sagrestie, degli interessi di vanità, d’influenza, di borsa. Bisognerà pure alla fine risolversi ad essere un popolo libero ed indipendente davvero, ed a prenderne gli usi, la lingua, il modo di trattare, e di vivere; ad assumere quella dignitosa indipendenza di carattere, che è la più nobile proprietà d’un uomo: proprietà che nessun decreto può dare, nessun tribunale guarentire, se non sa ognuno possederla e difenderla per virtù propria: proprietà che innalza l’uomo alla giusta stima di se stesso; per la quale non giura nè in verba magistri, nè in verba populi: non è del parere nè di chi più grida, nè molto meno di chi minacciasse: non prende infine le opinioni bell’e fatte da nessuno, ma cerca farsele da sè coll’intelletto e colla coscienza propria; ed una volta fatte, le manifesta senza timidità, come senza arroganza, non occupandosi punto se sian seguite da molti o da pochi, se piacciano o dispacciano, e se possano procurare a chi le professa applausi o fischi, utile o danno.