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è forza ubbidire, che tutti riconoscono, ed è solo negato dalla Corte di Roma.



XX.


A questo punto vien però naturale domandarsi, su che cosa spera la Corte di Roma?

Essa non può sperare in altro che nei cambiamenti possibili d’attori sulla scena d’Europa. Crede sè stessa immortale, e sa mortali gli uomini. Tanto più diviene urgente una pronta decisione.

Nella mia opinione questo fatto è culminante ora nella questione pratica; e senza dedurne qui tutte le conseguenze che ne derivano, mi contento di raccomandarla al serio esame di chi vi è interessato. Certi fatti non compiti diventano una pericolosa eredità.

La Francia si trova ora nella strana posizione di difendere a Roma uno stato di cose che ha solennemente condannato e disapprovato come ingiusto e quindi impossibile: di difenderlo contro i suoi amici, ed in favore di chi si dichiara suo nemico, e paga il lungo soccorso cercando di suscitarle di sottomano difficoltà e inimicizie.

Una simile situazione già a stento ha potuto mantenersi fino ad oggi; ma più innanzi giungerebbe presto all’assurdo ed al ridicolo. Per il Governo francese ciò equivale all’impossibile. Si persuada del resto che durerà l’ostinazione della Curia Romana, precisamente quanto durerà l’occupazione. Non s’esce da questo circolo vizioso se non spezzandolo: ed in ciò che è inevitabile, l’esitare non fa che accrescere le difficoltà!

È interesse dell’Italia come del Governo del Re, che