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necessità di stipulare per lui ch’egli non ne sia allontanato dal Governo Italiano.
A questo non converrebbe ad ogni modo spingere il Papa fuori d’Italia. Un Papa ramingo per l’Europa sarà il più potente degli ausiliari per chi ora ci detesta; sarà un guanto gettato al sentimento cattolico sparso pel mondo; sarà il centro delle più incessanti macchinazioni. Il Papa in Roma, invece, è innocuo per ora, e sarà anzi forzato col tempo a diventare benefico ed a mutarsi in una forza conciliante e tutelare.
Sarebbe atto odioso, prima che sia dimostrato non potersi il Papato riformare, accettando egli l’istituzione d’un’Italia unita, e rinchiudendosi unicamente nelle sue attribuzioni spirituali.
Ove poi questo non avvenisse, ove il Papato persistesse a farsi centro di intrighi, di disordini, e d’ostilità contro la nazione, sarebbe allora da discutere il caso su nuove basi.
Ed a chi verrebbe affidata intanto la guardia del Papa?
A chi? — A nessuno.
Il Papa ove sia vero Papa, padre dei fedeli, si mantenga in quella regione superiore agl’interessi mondani che è sua propria, avrà figli riverenti, e non nemici. Non ha dunque necessità veruna di chi lo guardi.
Ove invece il Papa voglia persistere a mantenersi quale fu sin ora, voglia farsi capo d’una sètta politica che va a ritroso della corrente de’ tempi, nessuna guardia gli può bastare. La Francia stessa non può a lungo tutelarlo. E chi glielo vieta? Nessuna forza materiale per certo. Glielo vieta il senso del proprio decoro, quanto l’irresistibile pressione della coscienza universale alla quale