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st'antico tronco della terra latina che da due o tre secoli ergeva i suoi rami aridi e sfrondati, oggi ad un tratto rinverdisce e mette foglie, fiori e frutti tutt’in un tempo, mentre son pochi anni, eletti spiriti delle nazioni vicine lo giudicavano disseccato per sempre.
Oggi l’Italia entra nella quarta sua gioventù, salutata dall’applauso del mondo, applauso che sarebbe unanime se non lo negassero, e non lo volgessero in maledizione, i due lontani e tradizionali eredi della antica potenza di Roma: l’Imperatore d’Austria, ed il Papa.
Su quali basi si fonda la civiltà dell’Italia nuova?
Si fonda forse sui due antichi emblemi delle più vecchie e più fatali tirannidi, la spada ed il pastorale?
No! Si fonda sul diritto comune; sulla vera quanto nuova interpretazione del diritto cristiano che riconosce tutti gli uomini eguali davanti al codice politico e civile, come li tiene eguali il Vangelo davanti al codice religioso e morale. L’Italia nuova si fonda sulla responsabilità del Governo; sull’indipendenza de’ caratteri, delle opinioni; sull’emulazione de’ partiti, sull’onestà e pubblicità dell’amministrazione, sulla libera iniziativa lasciata a tutte le forze della nazione, a tutte le intelligenze, alle loro intraprese, alle loro creazioni, alle loro scoperte; si fonda sulla libera diffusione delle idee, sulle rapide comunicazioni, sulla libertà de’ commerci, sul vapore, sulla stampa, sull’elettricità ec, ec., che cosa ha che fare tutto questo colle memorie dell’antico Mondo Romano, il quale non vedeva altra base alla sua grandezza fuori della schiavitù de’ popoli? Qual forza, qual valore prenderanno i principii moderni a vedersi racchiusi nella cinta di Belisario, e come potrebbero trovarvisi a casa loro?