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chio di quella immensa ingratitudine, sarebbe pur bene sapere se non si sbaglia.

Ma lasciamo da un canto i nomi. Non si può però sbagliare dicendo che quest’ingratitudine fu di quel partito che nella società politica si vuol liberare dalla responsabilità comune, che se ne sente inceppato nelle sue aspirazioni a dominar esso su tutti; a farsi riconoscere come la sola e la vera autorità; ad usurpare esso solo quella forza direttrice che è il diritto della società intera, il diritto comune: di quel partito che alterando il significato del vocabolo democrazia, lo farebbe diventare, se prevalesse, la più stretta e più privilegiata delle oligarchie, per finire, come sempre, in una tirannide.

Anche sulla democrazia è corso un grande equivoco, fonte di falsi giudizi, per chi vive d’idee acquistate da altri, e non è capace di fabbricarsele da se col proprio criterio.

Quelli ai quali mette conto falsare i cervelli e le idee, parlano del futuro trionfo della democrazia, della felicità di chi vivrà allora, e con queste lusinghe trovano seguaci, aiuti, e soprattutto influenza e potere.

Mi fanno l’effetto degli Ebrei che stanno aspettando il Messia, mentre è 1861 anni che è nato!

La democrazia trionfò il giorno nel quale tutti i cittadini d’uno Stato vennero dichiarati eguali davanti alla Legge; e chi ne aspetta un’altra, avrà da aspettare un pezzo.

A quella giusta e ragionevole democrazia, frutto del dogma cristiano come dell’illuminata ragione de’ tempi, apparteniamo tutti. Di questa è codice lo Statuto, è capo e difensore il Re. Essa si fa viva nel Parlamento, porta in alto gli uomini di sua fiducia, e confida loro la dire-