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Credono che costi più la trasmissione del potere in un principato ereditario?

Ma lasciamo stare il costo, che in verità mi vergogno di trattare del potere esecutivo come d’una merce: sto alla sola differenza possibile in oggi fra la forma costituzionale e la repubblicana, e domando ai sensati e buoni Italiani, se per questa differenza, per avere un principato elettivo, e nominarlo Repubblica, metteva conto di cercar di dividere la nazione, e distruggere l’unità di quell’impulso potente che ci spinge verso l’indipendenza?

Se conveniva infliggere a quell’Italia che aveva innamorato il mondo colla intemerata bellezza della sua rigenerazione, le miserie, i rischi, e le vergogne di una guerra civile?



IV.


Eppure, mentre l’intera Europa senza differenza di opinioni applaudiva a Vittorio Emanuele, ed al suo Ministero; mentre la nazione in massa era invasa dalla gioia e dalla gratitudine per l’immensa vittoria che ci portava quasi alla meta de’ nostri voti, si sono trovati cuori nei quali ad un tanto spettacolo non s’è destato che un solo sentimento: L’Indipendenza Italiana non dev’essere opera d’un Re!

Tale fu il loro pensiero. Ma il pensiero di chi?

A questo è difficile rispondere.

Tanti nomi corrono di partiti: partiti repubblicano, rosso, del movimento, mazziniano, rivoluzionario cosmopolita, democratico ec. ec.

E prima di stampare in fronte ad uno di loro il mar-