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vedute intendere le questioni politiche meglio di molte Cancellerie, e meglio guardarsi da giudizi precipitosi e appassionati. Ogni giorno diventa più difficile il mestiere di ciarlatano politico. Le antiche astuzie per condurre i popoli, i ninnoli della loro infanzia come gli spauracchi della loro vecchiaia, sono oramai resi inservibili; e chi ne faceva capitale suo unico, ne perde il capo.
E difatti, i partiti estremi che vivono unicamente o delle infanzie o delle decrepitezze de’ popoli, sono fuor di loro, e non s’agitarono mai tanto convulsi come oggi.
Ma il mondo, in massa, si trova indifferente a tutte le loro smanie: egli ha pagato il giudizio abbastanza caro, per non smarrirlo oramai così facilmente.
Da un lato, i documenti della Corte di Roma piangono la Chiesa perseguitata, la Religione in pericolo. I Vescovi di Francia, più sobrii di lacrime, gettano invece fiamme, minacciano e profetizzano cataclismi. Ma nessun cattolico ignora oramai, che la sua Chiesa non è punto in pericolo, e che non si perseguita nessuno per fatto di Fede. L’incasso del danaro di san Pietro, come il numero dei Crociati gratuiti del Vaticano, ci dà un saggio esatto dell’effetto che gli agitatori clericali possono oramai produrre su coscienze le quali, quand’anco sincere, altrettanto però sono oramai illuminate ed accorte.
Dall’estremo opposto, e dalle tende ambulanti d’altri Leviti, quelli di Dio e del Popolo, ci vengono all’orecchio voci d’altrettanta angoscia, e d’altrettanta minaccia. Anche questa Curia si sente mancare sotto i piedi il terreno; anch’ella vede spuntate le sue scomuniche, vede le sue ire, le sue profezie passare sul mondo senza mutarne l’andare. Ha un bel dire che ha fatta l’Italia, e che l’ha