Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
― 56 ― |
solo di Pompei e di Stabia col seno di mare che entrava tramezzo, ma ancora delle più rimote, Capri e Miseno. Quella porzione di cenere, e di materie scoriacee, che ricadeva nel cratere antico, attorno alla aperta voragine di esplosione, vi andò formando il cono che seguitò a fumigare, ed a mostrar gli accendimenti gazosi molto tempo dappoi; scrivendo Minucio Felice alla seconda metà del secolo secondo di Roma cristiana del Vesuvio, come dell’Etna: Sicut ignes Aetnae et Vesuvii flagrant, nec erogantur (Minuc. in Octav. Lugd. 1709, p. 362 ).
Non è ancor bene esplorato quanta parte di mare frà il Sarno, e Stabia restò dalle pomici ingombrato: sol si può dire, che il tratto di terra, ove sono stati scoperti sinora dodici alberi di nave, è distante dal mare circa 250 tese, e tiene incontro lo scoglio di Rivigliano, o petra Herculis (v. a p. 29 la relazione inserita negli Annali civili del regno), e che nelle campagne sottoposte alle colline di Lettere una contrada si chiama le marine, e che ivi ed altrove si trovano conchiglie e reliquie di animali marini. È assai verosimile, che il mare occupasse in questa parte quasi trè moderne miglia; perocchè Plinio contava a suoi tempi nove miglia di distanza trà Nocera e’l mare: Ager nucerinus, et VIIII millia passuum a mari, ipsa Nuceria; che fanno sei miglia e due quinte parti della nostra misura; ed ora, dirollo colle parole del Cluverio, «a Scafati oppido ad Noceram deprehendi millia passuum VI paulo amplius, et ab eadem Scafati oppido ad mare et ostium Sarni ferme III.» (Ital. Ant. p. 1187).