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na, o tridente, usavano ancora del pugnale, siccome il Lipsio ben osservò1, allegandone in prova le parole di Valerio Massimo: Retiarius traiectum gladio Aterium interemit (C. I. De somniis), sebbene Daza ivi mostri di affidarsi con riguardo a quell’unico luogo di Valerio. Che poi si avesse ragione il Lipsio di prestar fede a quel testo, ce lo assicurava, già il musaico pubblicato prima dal Winckelmann, e poi dal Marini (Fr. Arv. p. 165), ove Calendione reziario che combatte colla fuscina in una seconda scena sovrapposta a questa, vedesi invece sedere sul pavimento, ove l’ha prostrato l’avversario, e stringere un pugnale ad estrema difesa, stando per terra poco discosto il tridente, che egli ha perduto nella pugna, ed ora un nuovo solidissimo argomento ne prestano i monumenti da me raccolti. Laonde io immagino che il primo assalto del reziario consistesse in avventare la sua rete per pigliarvi dentro l’avversario; ciò seguito, egli doveva lavorar di tridente per ferirlo, e venendogli meno questo, stringerglisi addosso col pugnale, e ferirlo. Quest’ultimo caso risulta dal racconto di Valerio Massimo, Retiarius compulso Mirmillone et abjecto, dum jacentem ferire conatur traiectum gladio Aterium interemit (De Somn. VII, 8). Che poi col tridente ferissero, aprendo larghi squarci colle tre sue punte lo rilevo dalle parole di Prudenzio (in Symnu. 11, 404)

Spectant aeratam faciem, quam creba tridente

    questi io non definisco per ora a qual classe appartengano.

  1. Cf. Maffei M. V. p. 125, 4, Vitale, In binas inscr. L. Aur. Comm. aetate positas dissert. p. 57.