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tome di Ercole, che in più d’una d’esse è figurata, e la stessa Ἅλωσις favola non meno tragediabile, di quella dell’Eroe tebano.
Non pertanto chi ammettesse queste osservazioni non si troverebbe meno fuori di strada, e forse tanto più perniciosamente, quanto una piacevole illusione ve lo terrebbe più fermo.
Perocchè a voler ben giudicare delle armi proposte ad esame, conviene prima di ogni altro tener conto della forma di esse, onde propriamente risulta la vera loro destinazione. E ciò che avrebber dovuto far tutti in questo caso, sarebbe stato, pare a me, il notare, che i diciannove elmi trovati qui avevano tutti visiera, che i gamberuoli erano lavorati a coppie. E poichè gli elmi della romana milizia, per solenne pruova di una infinita serie di monumenti figurati, e per la classica testimonianza di Arriano, giudice autorevolissimo, NON EBBERO MAI VISIERA; Τὰ κράνη τὰ εἰς μάχην πεποιημένα πρὸ τῆς κεφαλῆς καὶ τῶν παρειῶν προβέβληται μόνον (Arriani Tactica c. 48),1; nè i Romani usarono mai più di un solo gamberuolo o
- ↑ Vedi anche il Lipsio (Mil. Rom. III, 5). A lui vanamente si oppone l’autore della nota posta a p. 262 del vol. I. Bronzi (Ant. Ercol.) invocando i commentatori di Silio (635, L. XIV), e i monumenti. Perocchè nè Silio dà celate agli elmi romani in quel luogo, nè Stazio, che parla de’ Greci, nè il Fabretti che cita anche erroneamente Masiste Persiano, nè il Montfaucon porta verun monumento, nè il Gori veruno. Citano Alcimo Avito, e Claudiano. Ma questi scrittori non descrivono i Romani del primo secolo di G. C.; ed io volentieri concedo che venne poscia in uso nella milizia romana il σιδήρεον παραπίτασμα come lo dice Niceta, il quale ne ha lasciata ancora la più esatta descrizione (I, de Archi-