rato, essendo assai più numerose le allusioni al dio della comedia, che non son quelle al dio del mare. In somma, e perchè non potrebbe altri sostenere che siano armi di scenico apparato quelle, sulle quali son figurati termini priapici, coi sacrificanti a quel rustico nume, ove maschere di Fauni, e Sileno κέρατα ποιῶν, e la Baccante ederifera, e i tirsi colle lor ciste, e pelli di tigre, e bende mistiche? Poi quella ricchezza e profusion di ornati, e la stessa mole sfoggiata, che alle rappresentanze teatrali sì mirabilmente risponde, e fa sì opportunamente risovvenire di quell’apparatus spectatio descritta da Cicerone nella lettera a Mario: Armatura varia pedilalus et equitatus in aliqua pugna, quae popularem admirationem habuerunt! (ad Fam. VIII. 1.). E quanto agli strumenti marini rappresentati su di esse, potrebbesi notare, che quelle armi sono appena tre, due mezzi scudetti, ove è scolpito un granchio, un’ancora, ed un tridente, ed un elmo, ove due soli delfini son figurati; quando non meno di sette son quelle, che hanno intere bacchiche rappresentanze, Sileni, Baccanti, Priapi, Satiri, maschere d’ogni maniera, tirsi, ciste, nebridi, corone di ellera. Per la qual cosa, se il simbolico rappresentato delle armi dovesse condurci in tal quistione a rilevar l’uso di esse, io non veggo ragionevole, che si debbano giudicare piuttosto armi di marini, che di scenico apparato, specialmente perchè trovate in edifizio sì contiguo ai due teatri. Alle ragioni che vi ha omai sì patenti la scena sacra a Bacco gioverebbe ancora la pro-