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guerra che aveva benedetta, togliendo una gran forza morale e materiale alla guerra di liberazione. E, per di più, mettendo tutti noi, che eravamo a combattere, nel caso di potere essere considerati dagli Austriaci quali illegittimi belligeranti e, quindi, di poter essere liberamente sottoposti al trattamento dei briganti.

Finita questa breve campagna contro i Gesuiti, non mi parve vero di ritornarmene all’Arte. La vita militare, tranne che nel momento del combattimento, mi è sempre sembrata detestabile. Ed è perciò ch’io mai cercai di avere gradi superiori, che mi impegnassero, che io facilmente avrei potuto ottenere; ed, anzi, questi gradi deliberatamente scansai anco quando mi vennero offerti.


Non cercai di tornar nello studio di Francesco Podesti; perchè egli, dopo l’enciclica, di liberale era diventato codino. Andai, invece, nello studio di Massabò. Del colorito di questo non essendo molto contento, con lui mi applicai al disegno della figura.

Come primo coloritore era considerato, a quel tempo, il Clerici. Questo gli avean fatto riconoscere due quadri che avea allora esposto nei locali presso la Porta del Popolo, dove ora trovasi la caserma dei carabinieri. Un di questi quadri era grande e rappresentava I profanatori scacciati dal tempio, altro, più piccolo, era il San Biagio che cura la gola ad un bambino sorretto dalla mamma. Era, questo, di molto sentimento e di pittura libera. Tanto feci che ottenni, poi, di entrar nello studio Clerici, a condizioni, però ch’io mi adattassi a lavorar in una piccola cucinetta. Il maestro raramente vi entrava per correggermi. Egli esigeva che non si perdesse mai il fondo della tela, nella pittura, e detestava la biacca come il veleno. La sua ricerca era nelle ombre; poi piazzava la luce lasciando uno spazio di tela tra la luce e l’ombra. Con pennellesse di pelo di tasso trasportava poi la luce verso l’ombra e viceversa, formando così le mezze-tinte.

Se tutto questo sta, in parte, col vero tuttavia mancava, in atto, di vibrazione, di luce e di forma sentita e di intensità.