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La nostra maggior preoccupazione era sempre la cassa mortuaria. Una ne trovammo ma c’era dentro un altro morto; rovesciandola la votammo e ci chiudemmo il nostro amatissimo Capo. Improvvisammo un cataletto ed a spalla, a turno, lo portavamo noi Legionari. Superate finalmente le linee nemiche per trasportare il nostro morto eroe, potemmo procurarci un carretto e un cavallo.

Il paese che attraversavamo era tra i monti e deserto. E v’eran già passati gli Austriaci ed i nostri in ritirata. Che cosa sia di devastatrice una milizia in ritirata nemmeno si può immaginare. Arrivammo finalmente ad un paese, Barbarona, ma non c’era più nulla nulla da mangiare. Pensammo, allora, di dividerci per andare alla busca. Su di una collina vidi uscir fumo da un camino di un casolare; e tratto dalla speranza di trovarvi cibo feci forza di gambe e lo raggiunsi.

Ed infatti, proprio nel momento che entravo in quell’abituro, il contadino rovesciava la polenta sulla spianatora. Ma attorno alla tavola v’era pieno di soldati come mosche attorno alla zuccheriera ed essi cacciavano le mani bramose nella polenta, benchè tutt’ora bollente. Colsi il momento in cui alcuni avean ritirate le mani e piantai nella polenta la mia gamella alla rovescia e vi tenni sopra forte una mano dicendo:

— Tolta la vista si toglie il desiderio!...

Il buon umore che generalmente regna fra i militari e direi quasi più nella disgrazia che nella fortuna, fece ridere quegli affamati, di me, quando soggiunsi:

— La polenta brucia, ma io son discendente di Muzio Scevola!...

E tutti gridarono:

— Viva l’eroe della polenta!...

Così potei salvar la gamella piena che portai ai miei amici.

Un dei miei fu, però, di me assai più fortunato. Andò da un curato e domandatogli se avesse qualcosa da mangiare, questo gli rispose che, se lo sapeva macellare, poteva dar-