Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/80


— 42 —


IX.


DA VICENZA A ROMA.


La mattina dopo si doveva dare la città agli Austriaci.

Le nostre milizie sfilarono tra i vincitori allineati. Ma il mio manipolo ed io molto avemmo da fare per trovar una cassa da morto per chiudervi la salma del nostro amato colonnello Del Grande che per nulla al mondo avremmo abbandonato; e che, avvolta e stretta in una coperta, portavamo alla meglio a braccia.

Quando passammo davanti lo Stato Maggiore austriaco, molti ci si fecero addosso per riprenderci le armi tolte da noi ai loro soldati e per sapere che ci fosse nel grosso involto che portavamo. Allora il maggiore dei due Valentini che era di figura imponente, come di spirito e di parola pronta, si fece avanti e rotando gli occhi intorno, gridò:

Chapeau bas!... C’est un brave mort pour la Patrie!...

Tutti quei generali nemici subito si misero in linea per ren- dere gli onori militari. Ed uno del seguito ci domandò:

— Quanti morti avete avuto?

Si rispose:

— Contate i vostri!...

Un altro ufficiale nemico avea l'uniforme senza una manica ed il braccio in camicia. Ci venne detto, o credemmo, che ciò avesse fatto per spregio a noi. Il Valentini, allora, fieramente disse:

— Son sei mesi che fuggite; e noi oggi per la prima volta capitoliamo con gli onori delle armi!...

E passammo oltre.