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quarantacinquemila uomini. Furono da noi messi fuori di combattimento circa novemilaottocento uomini.
La sera stessa verso le nove e mezzo i croati vennero sotto la barricata domandandoci pane, morendo essi di fame. Mentre gli aiutavamo dando loro pane, procurando che salissero fra noi e porgendo loro la mano, un croato, accortosi che la barricata era tenuta da poca gente, vibrò un colpo di baionetta sotto il mento ad un nostro carabiniere facendola uscir dalla nuca. Eravamo sul posto, i due fratelli Berretta, Aloisi ed io, che dammo a bruciapelo una fucilata al croato nel cranio e ne vedemmo schizzare il cervello.
Questo determinò una terribile lotta corpo a corpo tra noi ed i croati; che altri lor compagni venivano a rinforzare. Per questo si riportò avanti il cannone che era stato ritirato e si sparò nel mucchio dei nemici. Questa omerica battaglia avveniva al lume di bengala.
Dopo tante ore di combattimento eravamo davvero imbestialiti. Affranti dalla fame, dal sonno e dalla fatica, esaltati dal molto vino bevuto, che ci veniva portato a bigonci, con le mani vescicate dalle armi scottanti per le centinaia di colpi sparati, noi altro non avevamo che un rabbioso desiderio di sonno. Così fummo feroci.
Quest’ultima scaramuccia ebbe fine perchè gli Austriaci o furono da noi uccisi, o scapparono, o furon ritirati dai loro ufficiali superiori. Così nulla più avevamo a temere da essi. Ed allora saliti nella casa, dove tra gli altri v’’erano i due cadaveri mutilati, pensammo bene di levarli dal letto, adagiarli per terra ed occupare il loro posto.