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uno svizzero che avea una uniforme con metallo sul kepì e fu subito morto. Il fratello di questo si fece avanti e levava la fiasca al morto dicendo:

— Povero vino!... Povero vino!...

Io tornai a fare il mio colpo ed egli, a sua volta, mi sostituì al parapetto della barricata e cadde morto.

Credo vi fosse qualche tirolese, appostato fra i pioppi delle vigne, che avea preso di mira quel punto e quando luceva per i metalli tirava.


Alle due e mezzo Monte Berico ci fu preso. Sentii dire che il corpo che lo assalì era di venticinquemila uomini. Di fatti per almeno dieci ore vedemmo una massa compatta salire lenta, ma senza interruzione, il monte finchè si impadronì della chiesa della Madonna di Monte Berico. Tanto è vero, che, a quell’ora, cominciarono a venirci cannonate e fucilate sul fianco destro. Salii al piano superiore della casa soprastante alla barricata per veder meglio cosa accadeva. Quando fui in una delle camere trovai i difensori alle finestre; alla finestra di sinistra. vi erano un certo Chinassi tromba ed un altro di cui non ricordo il nome. Ed ecco che sopraggiunse una granata, la quale, forando il davanzale della finestra, fracassò le gambe ad ambedue. Ad uno gliele ridusse come una matassa di refe ed all’altro gliele troncò, lasciando i moncherini fuor della pelle. Tutti e due morirono gridando:

— Viva Pio IX!...

Così gridarono perchè l’enciclica funesta del Papa erasi celata il più possibile alla massa dei combattenti.


Adagiati i morti su di un letto, tornammo a combattere.

Ma, oh! Dio!, poco dopo si seppe che s’era capitolato!...

I patti erano: di astenersi dalla guerra per sei mesi e di ritornare negli Stati Pontifici con armi e bagagli.

Ci eravamo battuti per diciassette ore in novemila contro