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già demolito il piccolo muretto, quella veniva ad attaccarci di fianco. Lasciatala avvicinare, incrociammo i fuochi dei due obici e quello delle compagnie che erano parte sulle case e parte dietro le barricate di doghe. Fieri della strage del nemico che vedemmo a pochi passi sotto i nostri stessi occhi, sortimmo tutti come leoni per inseguir gli assalitori volti in fuga; ma non potemmo durar a lungo nell’inseguimento, essendoci incontrati con corpi nemici di migliaia di uomini che salivano all’attacco di Monte Berico.
Nel frattempo alle barricate di Santa Lucia, sulla nostra sinistra, era accaduto che i nostri erano rimasti senza miccia per dar fuoco al cannone ed il nemico veniva francamente avanti in colonna per le strade maestre per occupar le barricate. Ciò vedendo, ad un certo Ceci, romano, formatore, saltò in testa di sparar sul buco del cannone dove si accendeva con la miccia. Il cannone esplose facendo strage nella massa dei nemici, ai quali, trovandosi essi già sul ciglio delle barricate, altro scampo più non rimaneva che combattere.
A noi giunse, però, la notizia che queste barricate di Santa Lucia — che erano sulla nostra sinistra ma indietro — eran state prese dagli Austriaci. Allora io ed il mio manipolo accorremmo là; i nemici già avean preso piede sul margine esterno della barricata, ma i nostri tuttora si battevano alla baionetta ed a calciate di fucili.
I nemici furono respinti dalla barricata, il fosso era pieno di morti, e gli assalitori eran già sparpagliati in ritirata sulla strada. Ad un tratto, però, mi accorsi che dinanzi ad una casa su la destra vi erano dei croati che, da una inferriata al pian terreno, sparavan dentro la casa. Senza vedere il pericolo, di corsa entrammo in quella casa e ci spingemmo sotto al parapetto della finestra mettendo i croati assalitori nella impossibilità di offenderci, trovandosi essi più in basso di noi.
Alzatici, poi, tutti all’improvviso tirammo a bruciapelo alle loro teste. Per la prima volta ebbi la certezza di avere ucciso un uomo.