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Lucatelli, i due fratelli Berretta, i due fratelli Valentini, Aloisi, Sebastiani e Paolo Peretti.

Con questi e col grado di caporale entrai nella quarta compagnia comandata da Cesare Moneta uno dei grandi paini romani.

Questo è singolare: a quel tempo il paino romano era fannullone. Ad altro non pensava, tutto al più, che a far mostra di sè a cavallo. Smontatone si appoggiava ad una delle colonnette che erano, allora, dinanzi ad ogni portone sul Corso e vi si indugiava lunghe ore ad occhieggiar le dame che passavano in carrozza. Ebbene, questi paini si son portati in guerra tutti quanti valorosamente. Ed erano pieni di intelligente ardire e di buon senso, sopratutto quelli della classe dei mercanti di campagna, come i Tittoni, i Silvestrelli, Del Grande, Silvestri, De Angelis, Grandoni ed altri che non rammento.

Una bella sera dissi a mia madre che io andavo al teatro. Invece andai alla adunata della quarta compagnia della Legione Romana per partire da Roma. Il giorno dopo mia madre, saputo ch’io era partito per la guerra, forte si inquietò con i miei fratelli perchè non mi aveano impedito di partire; chè, anzi, mi avean dato un po’ del mio danaro, trenta napoleoni d’oro, come viatico.


La prima tappa fu di quindici miglia per la Campagna Romana, con sacco e fucile in spalla. Io ero lungo e sottile come uno sparagio che si piega per il peso della capocchia; ma il sacco militare, che mi spianava le spalle, mi fece molto bene raddrizzandomi. Tanto è vero che quando tornai a Roma dalla campagna ero tanto mutato che mi dicevano che sembravo un romagnolo.

Purtroppo la nostra marcia fu, fin da principio, trionfale. Trovavamo archi di trionfo nei paesi che attraversavamo, finestre pavesate, pioggie di fiori. I contadini venivano fuor delle loro case con bigonci pieni di vino per dissetarci. Eravamo i primi che marciavamo contro un nemico oppressore, duro, odiato, e benedetti dal Vicario di Cristo, Padre Santo.