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VI.
«GRAN DIO, BENEDITE L’ITALIA!...»
ALLA GUERRA.
Durante questi primi miei passi nell’Arte, moriva Gregorio XVI. Veniva innalzato al Pontificato Papa Mastai. Di costui si conosceva il carattere ambizioso e vanitoso, lo spirito giovanile e fresco. Si sperava che egli, lusingato dagli applausi, dimenticasse di essere Papa. A forza di applausi, di fiaccolate, di grida, di evviva di migliaia e migliaia di cittadini, nelle belle sere di estate lo si induceva a presentarsi al balcone del Palazzo del Quirinale. Appena, sorridente e benigno, Pio IX appariva, il popolo domandavagli a gran voce l’amnistia dei detenuti politici; ed egli l’accordava. Un’altra bella sera di nuovo si andava ad acclamarlo e gli si domandava la Guardia Nazionale; e si aveva. Un’altra bella sera italiana piena di stelle luccicanti, nuovi evviva di una folla immensa sotto il Quirinale. — Evviva Pio IX! Evviva l’Italia! Fuori lo straniero!...
Comparve sul balcone la bellissima persona del Pontefice ed aperte le braccia, con voce forte ed inspirata, esclamò:
— Gran Dio, benedite l’Italia!
Non si può immaginar, nè descriver l’intensa commozione di quel gran momento! Delirante la folla non cessava di gridare:
— È santo! È santo!...
Questa fu l’origine prima del bene che oggi godiamo.
A me, come a tanti altri giovani, parve l’avvento di Pio IX inizio di una nuova éra per il nostro paese. E fui tra coloro, cui sembrò opportuno di effettuar anche qualcosa di nostra