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— «Chi è là?»
Riconobbi subito la voce del Rettore Monsignor Cardona. E mentre il buon uomo perdeva il tempo a domandare alla fazione del vicino quartiere se avesse visto entrare ladri, io ratto me ne tornai in camera; ma non ebbi il tempo di rifar la manovra per richiudere il chiavistello. Il Rettore, percorsi subito i due corridoi delle camerate, trovò il mio chiavistello aperto. Ma o che avesse qualche soggezione, o che ancor gli durasse il timor dei ladri, il fatto sta che egli si limitò a richiuder la mia porta con la chiave.
Ma, la mattina dopo, mi chiamò nel suo studio e mi raccontò, bonario, il caso della notte; ed aggiunse che non potevo essere stato altro che io alla finestra nel corridoio del primo piano, avvalorando l’accusa con l’asserzione della sentinella che nessuno era entrato dal di fuori e col fatto che avea trovata aperta la mia porta. Soggiungeva esser sicuro di avermi ben chiuso la sera innanzi. Mi domandò, infine, a qual scopo io fossi uscito di camera e come avessi fatto ad uscirne.
Risposi ch’io avevo potuto uscir di camera con l’aiuto di Cristo che io avea strappato dal martirio della Croce; e che lo scopo di uscire era di far prendere fresco alle gambe. Ed il Rettore a rispondermi pacato che Cristo era là sulla Croce per essere pregato, simbolo di divina pazienza e che il fresco si poteva prendere, per tutta la persona, dalla finestra della mia camera. AI che io replicai: che Cristo era morto sulla Croce per il bene degli uomini, per scarcerare le anime buone dal Limbo; e che la gelosia della finestra impediva che tutta la persona prendesse aria, mentre lo scirocco dà sopratutto alle gambe.
A me pareva che il bravo gentiluomo fosse per scoppiare dalle risa; guardarlo in viso io non osava, ma vedeva ballar la pancia sotto la sua sottana. Egli finì col prendermi con molta amorevolezza una mano, traendomi verso la porta e battendomi su una spalla e spingendomi fuor della stanza mi disse: