Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/380


— 252 —

l’idea. Era questo, se vogliamo, anche parte della personale dignità che l’artigiano romano vivamente sentiva. Questi maestri facevano ottimi allievi; i quali, però, quando si trattasse di stabilirsi per proprio conto, trovavano ostacolo, spesso per essi insormontabile, nella mancanza dei mezzi necessari per acquistare strumenti ed arnesi e per mettere su bottega. Queste difficoltà venivano, in quei primi tempi di Roma Capitale, assai accresciute dall’affluirvi di artigiani di ogni parte del Regno.

Io ottenni, allora, che la Congregazione di Carità fosse larga di sussidi ad artigiani di Roma, per metterli in grado di comprarsi ferri ed istrumenti dell’arte loro.

A qualche artigiano, pure, ottenni piccoli prestiti per potersi stabilire da sè. E tutto ciò ebbe i migliori risultati pratici.

In quegli anni, immediatamente successivi al trasporto della Capitale in Roma, molta soddisfazione mi procurava il prestar l’opera mia all’insegnamento serale ai popolani adulti. In questi trovai terreno fertile per le lor doti intellettuali e morali, che se amorosamente coltivato, è capace dei migliori frutti.

Qualche attenzione, pure, io detti ai vari problemi edilizi e dell’ingrandimento di Roma. Ma, fino da allora, ben si comprendeva come, purtroppo, la valanga degli speculatori avrebbe finito per imporsi al Municipio ed allo Stato. All’infuori delle cose municipali, però, io ben poco ebbi ad occuparmi più di politica. E ben presto, e con viva contentezza, del tutto cessava la mia vita pubblica. Ben meno arduo che ad altri sarebbe stata, per molte ragioni, a me crearmi quel che suol dirsi una, «posizione politica». Ma non era, ormai, la politica più affar mio. Fatta l’Italia, liberata Roma, ogni mio compito politico io consideravo finito. I combattimenti, le cospirazioni, con i loro pericoli, aveano in sè molta attrattiva; lottar di astuzia con la sbirraglia alta e bassa era anche divertente. Ma tutto ciò era, ormai, finito. Nella politica s’era fatta avanti gente nuova, con la quale io non poteva più intendermi; e vi prevalevano intrighi, interessi, sètte. Tutte cose a me repugnantissime....