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di Roma e localmente; sicchè l’inondazione andò vieppiù crescendo e non fu breve, nè senza rischi, l’opera nostra di salvataggio e di approvvigionamento.

Questa dava luogo ai più vari episodi emozionanti, pietosi e talvolta alquanto comici. Fra tanti rivedo il laborioso salvataggio di una povera vecchietta, rifugiatasi sull’alto di una casuccia, stringendo al petto un gatto ed una gallina, che molto dovemmo penare per trarre giù nella barca assieme alle sue care bestiole.

Mentre tuttora durava la tremenda inondazione, fece una fugace apparizione in Roma Re Vittorio Emanuele; tanto fugace che quasi la maggior parte dei Romani non se ne accorse.


Varie incombenze mi toccarono nella mia qualità di Consigliere Comunale. Vi fu, tra queste, quella di andare, per l’applicazione della Legge che aboliva le Corporazioni Religiose ed ordinava l’incameramento dei loro beni, a prendere possesso per conto del Comune di conventi e monasteri.

Per tutta la mia vita io ero stato avverso al regime clericale, che premeva sul libero sviluppo delle magnifiche doti degli Italiani, tenendoli in un miserevole stato di inferiorità al confronto di altri popoli; e, sopratutto, quello io avea avversato perchè era il maggior ostacolo alla unità ed alla indipendenza dell’Italia, come alla restituzione di Roma al già costituito Regno. E non meno io era penetrato di tutte le ragioni che aveano consigliato la soppressione delle Corporazioni Religiose; e, quindi, io ritenevo giusto e benefico l’incameramento dei loro beni. Con tutto ciò, punto mi era gradito di dovere essere proprio io, in persona, ad affrettare tale incameramento; ed anzi, mi fu talvolta anche addirittura penoso. Nonostante, mai mi sono sottratto ai compiti, che, in proposito, mi venivano via via assegnati.

Ricordo, che, tra l’altro, a me toccò di andare a prendere possesso del Collegio Romano ed a sgombrarne i Gesuiti. E vi andai assistito da funzionari municipali ed accompagnato