Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/363


— 237 —

pendente, doveano andar come per l’ordinario, anzi meglio che per l’ordinario, per contribuir, con ciò, a mantener l’ordine. Che si tenessero, poi, a mia disposizione per tutto quanto l’eccezionalità del momento avesse richiesto al Municipio di Roma. Nessun nè battè ciglio, nè disse verbo.

Così, per due o tre giorni, io mi trovai ad esser a capo del Municipio di Roma libera. Nessuno pensò a contestare, in que’ giorni, la mia autorità. Solo Cadorna, del resto, avrebbe potuto legittimamente togliermela; ma, invece, egli mi mostrò il suo pieno gradimento per quanto feci. Conoscendo bene uomini e cose di Roma, avendo appartenuto già al Municipio, trovandomi attorniato da parecchi amici volonterosi e capaci, potei provvedere subito ad ogni occorrenza. Provvidi ai locali per i comandi, agli aquartieramenti per i soldati, agli alloggi per gli ufficiali; e tutto ciò mi fu relativamente facile, risparmiando più che si potesse chiese e conventi ed approfittando, con ogni discrezione, delle tanto spaziose dimore della nobiltà romana. Anche i rifornimenti delle vettovaglie e dei foraggi furono oggetto del mio assiduo lavoro.


Questo mio modesto ma necessario ufficio era, ad ogni momento, disturbato da gente di ogni sorta, che volea sempre qualcosa da me ed alla quale bisognava dar ascolto.

Fu fortuna che, in quei primi giorni di libertà, Roma fosse mirabile di disciplina e di ordine. Sembrava che i Romani comprendessero che tutto il mondo, in quei giorni, avea gli occhi su di loro; e non avvenne alcun incidente degno di nota. È, quantunque si consumasse nelle osterie molto più vino che per l’ordinario, nessuno eccesso si ebbe a lamentare.


Un po’ di chiasso ci fu in Campidoglio la sera del 20 settembre. Ma fu cosa che finì presto. Intorno alla statua di Marco Aurelio c’era piena di gente che, a capannelli, occupava anche i portici e le rampe fin giù a Piazza Aracoeli. A questa folla si aggiunse un corteo di persone che venivano a domandare