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Già da qualche tempo eravamo in Piazza Montecavallo, incerti su quel che potessimo fare in tanto pochi, quando vi fummo raggiunti da un grosso distaccamento dei nostri soldati che occupò la piazza. Con questo erano gli altri miei compa- | gni ed altri pochi romani emigrati, che erano riusciti ad entrare in Roma dietro le truppe. Per avanzare dentro città ci dividemmo in due gruppi.
Seguirono alcuni Giuseppe Luciani, il quale cavalcava un superbo cavallo, da lui poco prima tolto ad un ufficiale papalino; e questi discesero per la Dataria per raggiungere il Corso. Io, con gli altri, mi diressi verso Colonna Traiana con la mira di salire al Campidoglio.
Al Foro Traiano trovammo un ostacolo; e dovemmo scambiar qualche colpo.
I muretti che, allora, attorniavano la Colonna di Traiano erano trasformati in eccellenti barricate. Le quali erano difese da un forte nucleo di contadini e di pastori della Ciociaria armati, che il Papa soleva arruolare come forze ausiliarie alla sua polizia, gente bestiale e violenta, dal popolo di Roma, che la dispregiava, detta «Zampitti».
Questi, da dietro le lor barricate, ci accolsero con una scarica generale, ma incruenta. Troppo pochi per assaltar allo scoperto le barricate, riparammo in una bottega alla estremità della Piazza fra Santa Maria di Loreto e Santa Maria di Vienna.
Questa bottega avea due sporti, dietro i quali ci barricammo anche noi e rispondemmo al fuoco degli «Zampitti». Continuò lo scambio dei colpi. Ciò terrorizzò la buona bottegaia, la quale avea intorno una nidiata di piccoli bambini, anch’essi pieni di spavento. La povera donna si mise ad implorarmi disperatamente:
— Per amor di Dio, per amor della Madonna andatevene via.., non fate che quella gente feroce massacri una povera mamma di tanti figliuoli!...
E strillava forte e piangeva, mentre che i piccoli, anch’essi